Il Leone di Lucerna: uno “scherzo” consegnato alla posterità

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Il Leone di Lucerna è una delle più celebri sculture svizzere e rappresenta ancora oggi un’attrazione turistica molto popolare. L’opera è un monumento che celebra il coraggio degli oltre seicento soldati svizzeri caduti in difesa del Re di Francia, Luigi XVI (1754-1793). Questi uomini furono l’ultimo baluardo del Re in occasione dell’assedio del palazzo parigino delle Tuileries, assaltato dai rivoluzionari insorgenti. La sanguinosa battaglia, risalente al 10 agosto del 1792, fu uno degli episodi decisivi nel crollo della Monarchia francese. La realizzazione del Leone si svolse invece nel biennio 1820-1821 e la scultura, incisa su un’imponente parete rocciosa, fu ricavata nel giardino di proprietà del maggiore Von Altishofen, condottiero sopravvissuto allo scontro di Parigi e ritiratosi proprio a Lucerna.

La scultura

L’autore del progetto fu il danese Berthel Thorvaldsen (1770-1884) campione dello stile neoclassico e grande rivale del nostrano Antonio Canova per il primato di scultore più celebre dell’Europa ottocentesca. Furono diverse le controversie che, fin da subito, scaturirono dall’ambizioso progetto. In primo luogo la natura “politica” dell’opera creò non pochi contrasti tra i nostalgici della Monarchia, che ovviamente vedevano nel Leone un simbolo patriottico e i progressisti, che altrettanto duramente ne osteggiavano la costruzione. Fu solo nel 1815, in seguito alla disfatta di Napoleone a Waterloo e alla conseguente indipendenza della Svizzera dall’Impero francese, che il generale Von Altishofen decise di concretizzare la sua idea, convocando lo stesso Thorvaldsen in terra elvetica. Ma ulteriori difficoltà erano destinate a presentarsi, consegnando alla posterità, tra le altre cose, una traccia artistica particolarmente curiosa…

Il “maiale nascosto”

Dopo aver commissionato la scultura, il maggiore cominciò a prodigarsi nel raccogliere i fondi necessari alla sua realizzazione. Tutto ciò avvenne in una Svizzera che, schiacciata per anni dal giogo napoleonico, viveva tempi difficili, in cui la circolazione del denaro era molto limitata e la costruzione di sculture e monumenti non era certo in cima alla lista delle priorità. Perciò il grande ex-militare non riuscì a procurarsi la somma richiesta dall’artista danese, i cui servizi erano peraltro molto costosi ed esclusivi. Thorvaldsen venne tenuto all’oscuro di tali ristrettezze economiche, ricevendo anzi numerose e aspre critiche per i suoi tempi e metodi di esecuzione, ritenuti troppo lenti e macchinosi. Così, quando lo scultore scoprì che non avrebbe ricevuto il pagamento richiesto, continuò con il suo lavoro, decidendo tuttavia di lasciare una “licenza poetica” per schernire i suoi finanziatori. Per rispetto ai caduti, Thorvaldsen non modificò in alcun modo il leone ferito, vero protagonista dell’opera. L’animale, trafitto da una lancia e accasciato sullo stemma della Monarchia francese, attende ferito il suo destino, ergendosi a simbolo del valore militare dimostrato dalle guardie svizzere. Il danese fece altresì in modo che la “nicchia” contenente il Leone, un incavo all’interno del quale il grande felino venne scolpito, avesse la forma di un maiale. L’intento era ovviamente quello di protestare per il mancato pagamento, prendendosi gioco dei mandanti del progetto. Il maiale è in questo caso un simbolo con finalità canzonatorie e offensive. Non è raro, infatti, che le fattezze dell’animale vengano utilizzate per schernire ed umiliare un nemico o un rivale. Questa pratica, con le ovvie differenze, è ancora oggi esistente nella satira più pungente o, semplicemente, nel linguaggio comune particolarmente “indelicato”.