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Home/Scopri il Museo/Felino e la sua terra

Il verde squillante delle colline, tra ordinate partiture di campi coltivati, retaggio dell’antica centuriazione romana, e affascinanti vigneti, testimonianza della vocazione vitivinicola della zona. Il turchino trasparente e frizzante dell’aria e il caldo colore delle pietre e dei mattoni che occhieggia da piccoli e caratteristici paesini. È il piacevole e pregiato paesaggio della Val Baganza.

Felino

Centro agricolo e industriale tra i dolci rilievi della valle formata dal torrente Baganza, Felino ha una storia e una fama legate alla produzione dell’omonimo salame. Ma non solo. Nel paese, si trovano i resti di una fattoria agricola di epoca romana, situata lungo il torrente, dove si lavorava il vino che si produceva sulle colline: a conferma che, fin dall’antichità, queste terre, non erano solo ricche di querceti da ghianda, che permettevano l’allevamento dei maiali e la conseguente lavorazione delle loro carni, ma erano anche ricoperte di vigneti. Secondo alcuni il toponimo “Felino” deriverebbe proprio dalla presenza, in epoca romana e altomedievale, di figlinae, che erano le fornaci in cui si producevano le anfore vinarie in argilla.

A parte il Torrione, un esempio di fortilizio trecentesco in pietra di fiume, eretto a est del paese per difendersi da incursioni e saccheggi, eventi frequenti nella storia un po’ travagliata di Felino, e la chiesa arcipretale della Beata Vergine della Purificazione, di fondazione duecentesca, ma ricostruita nel corso del Seicento, il monumento più rilevante di Felino è il Castello. Sorge su un poggio isolato, in posizione panoramica e strategica sulla media valle del Baganza, abbracciato da un bel bosco di castagni, e ospita nelle sue cucine settecentesche il Museo del Salame di Felino.

Le prime notizie storiche che accertano la presenza del maniero, infatti, risalgono al XII secolo, più propriamente al 1140. Nel corso del tempo, fra numerose vicissitudini, sono state tante le famiglie che lo hanno posseduto, ciascuna lasciando la propria impronta. Dai Ruggeri ai Rossi, che è la famiglia con cui viene ampliato e fortificato e raggiunge il suo massimo splendore fra Trecento e Quattrocento, da Ludovico il Moro agli Sforza. Il Castello passa poi ai Francesi, ai Pallavicino, agli Sforza di Santa Fiora e ai Masi. Nel 1612 entra a far parte della Camera Ducale dei Farnese. Dalla fine del 1700  al 1925, è di proprietà della Mensa vescovile, quindi dei Brian, negli anni Sessanta dei conti Del Bono e oggi degli Alessandrini, che ne hanno curato un accurato restauro, durato trent’anni, in grado di riportarlo ai fasti quattrocenteschi.
La costruzione, a pianta quadrangolare, con quattro torrioni angolari e un esile torricino sopra l’unico ingresso, un suggestivo e ampio cortile d’onore all’interno con pozzo centrale e tante testimonianze delle epoche passate, come ponte levatoio, bastioni, torrette e feritoie, è cinta da un fossato e presenta una struttura massiccia ed essenziale, che ne denota l’originaria ed esclusiva vocazione militare, nonostante gli interventi di natura residenziale a partire dal Trecento.

Nei dintorni di Felino

A pochi chilometri da Langhirano, a Mamiano di Traversetolo, località situata a est del torrente Parma, c’è un altro gioiello naturalistico: il grande Parco dell’ottocentesca Villa Magnani, sede della Fondazione Magnani-Rocca, istituzione museale fondata nel 1990 che organizza importanti mostre temporanee, accanto alla straordinaria raccolta d’arte del letterato e musicologo Luigi Magnani (con dipinti di autori come Gentile da Fabriano, Filippo Lippi, Carpaccio, Dürer, Tiziano, Rubens, Van Dyck, Goya, Füssli, Ingres, Monet, Cézanne, De Stael, Manzù, Guttuso e De Chirico, e un ineguagliabile serie di oli, disegni e incisioni di Giorgio Morandi).

Intorno alla residenza-museo, si estende, su un terreno di oltre dodici ettari, un giardino ornato da una fontana e abitato da scoiattoli e pavoni bianchi, oltre che da numerose specie di uccelli. Costituito da un manto erboso ben curato e ricco di fiori, ha uno spazio dedicato alle essenze rare, un parterre di bossi, una serra con una collezione di agrumi in vaso. E poi platani, tigli, ippocastani, noci americane, un cedro del Libano e due grandi sequoie: alberi pregiati, sia per le loro dimensioni che per la loro veneranda età.

Nella lunga e stretta valle del torrente Baganza, che si sviluppa alle spalle di Langhirano e Torrechiara, il paesaggio collinare, tra i 220 e i 300 metri sul livello del mare, è naturalisticamente di pregio e costellato da numerosi vigneti. Famosi soprattutto quelli di Arola, San Michele Tiorre e Maiatico.
La produzione vitivinicola, dotata di notevole prosperità, costituisce una componente rilevante e distintiva dell’economia del territorio, fin dai primi secoli dell’Impero romano, quando molti coloni si stanziarono in questa zona con numerosi insediamenti agricoli.

Grazie alle caratteristiche del terreno e alle dolcissime condizioni climatiche, la cultura del vino è sempre stata forte, in particolare nel Settecento e nell’Ottocento, incentivata dalle capacità imprenditoriali della nobiltà dell’epoca. Ancora oggi si coltivano uve che permettono di produrre vini di qualità e apprezzati, come il Lambrusco di Arola, un rosso dalla schiuma irruente, colore pieno e deciso e profumo di viola, e la Malvasia di Maiatico, un bianco frizzante e particolarmente aromatico.