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La lavorazione del Salame Felino

Il gustosissimo Salame Felino vanta addirittura ascendenze etrusche. Lo rivela il nome stesso del fortunato paese in provincia di Parma, dove si produce forse il migliore tra gli insaccati italiani.

A Felino, ubicato tra i primi declivi della verdissima Valle Baganza ricca di boschi in cui pascolavano anticamente le mandrie di maiali, da tempo immemorabile è invalso l’uso di preparare una salame (dalla “radice” latina “als“, sale, linguisticamente trasformatosi in “sal“) con pura carne di suino la cui produzione si è affiancata nel tempo a quella del Prosciutto crudo di Parma.

È il suo legame con l’antica arte salumiera, che rende Felino speciale rispetto a tutti gli altri paesi delle prime colline dell’Appennino. Fin dal periodo medievale rappresenta infatti la patria gastronomica del rinomato Salame Felino, rappresentato nel XII secolo da Benedetto Antelami all’interno del Battistero di Parma nel bassorilievo del segno zodiacale dell’Acquario.

Questa specialità, tramandataci da una antichissima tradizione contadina, è il frutto dell’unione sapiente delle migliori carni suine con le particolari condizioni microclimatiche del luogo, che favoriscono naturalmente il processo di maturazione del salame, fornendo una temperatura ideale ed un adeguato grado di umidità e di ventilazione.

Ed il connubio di questi elementi essenziali ha permesso al Salame Felino di affermarsi come un autentico capolavoro dell’arte salumiera italiana, dalle caratteristiche organolettiche e gastronomiche inimitabili.

Per l’impasto si preferisce la carne fresca accuratamente selezionata: spalla disossata, pancetta e macinato selezionato, ottime rifilature magre e grasse di prosciutto, che vengono conciate con sale, spezie ed aromi naturali a cui si aggiungono, nella proporzione del 25-30%, parti grasse scelte fra quelle a costituzione più dura.
Dopo la triturazione a pasta grossa, vengono aggiunti sale e pepe in grani e vino bianco con aromi. I salami vengono quindi insaccati a mano nel budello gentile suino, che gli conferisce il tipico aspetto dal diametro non costante e lentamente stagionati. Il prodotto finale è caratterizzato da morbidezza, gusto dolce e profumo delicato.

Consumato cotto – come ancor oggi la salama ferrarese – in epoca pre-romana e romana e per tutto il Medioevo ed il Rinascimento (Antelami lo rappresenta in pentola, il cuoco di Corte dei Farnese, Carlo Nascia, lo inserisce cucinato in due banchetti) solo a partire dalla seconda metà del XVIII secolo fa la sua comparsa (in una natura morta del pittore napoletano Giacomo Nani, 1701-1770 ) come alimento da consumare crudo e tagliato a fette sottili.

La tradizione vuole che venga affettato con un taglio inclinato di 60° allo scopo di evidenziare la grana e di evitare la sbriciolatura della fetta nel caso in cui venga consumato fresco.

Dopo un percorso lungo e complesso, la Comunità Europea ha insignito il Salame Felino del riconoscimento IGP con il Regolamento CE n. 186/2013 del 05 marzo 2013.

Prodotto a Felino, dove ha sede il Museo del Salame, e in tutto il territorio amministrativo della provincia di Parma, secondo quanto stabilito dal Disciplinare di Produzione, il “Principe dei salami” è garantito dall’Identificazione Geografica Protetta (IGP) e dall’omonimo Consorzio di tutela costituitosi fra i produttori nel 2011 che appone uno specifico marchio di riconoscimento.

L’antica lavorazione del Salame Felino

nelle immagini tratte dall’Archivio del Museo del Salame