Il primo documento relativo al salame rintracciato a Parma risale al 1436, quando Niccolò Piccinino, al soldo del Duca di Milano, ordinò che gli si procurassero “porchos viginti a carnibus pro sallamine”, ovvero venti maiali per far salami.
È uno dei documenti che si incontrano durante la visita del Museo del Salame Felino, testimone del rapporto privilegiato instaurato nel tempo tra il prodotto unico che conosciamo e il suo territorio d’origine: dal bassorilievo scolpito nel XII secolo da Benedetto Antelami nel marmo rosa del Battistero, alle cronache dei sontuosi banchetti di Corte d’epoca rinascimentale.
Il nuovo allestimento del Museo del Salame Felino, è ospitato nei suggestivi spazi restaurati di una antica corte rustica del XIV secolo.
Organizzato in sette sezioni, il percorso di visita inizia con le testimonianze storiche ed archeologiche del territorio e del rapporto tra Felino, l’allevamento del maiale ed il suo prodotto-simbolo. Ma presenta anche il Consorzio di tutela, sorto per garantire la qualità del prodotto, insignito nel 2012 dell’IGP – Indicazione Geografica Protetta – dalla Comunità Europea e la vasta tradizione dei salami d’Italia, consultabile attraverso uno schermo interattivo ricco di stimoli e suggestioni.
Nella sala grande si trova la sezione relativa a norcineria e produzione casalinga dell’insaccato, con un’ampia rassegna di oggetti appartenuti ai norcini e alle famiglie contadine del territorio. La piccola cantina ci permette di conoscere il salame in persona, attraverso il tratto inconfondibile di Benito Jacovitti. La nicchia dell’antico focolare della casa torre ci presenta, invece, la storia del tritacarne, progettato dal marchese Karl Drais, famoso per avere inventato anche il velocipede. A fianco anche alcune curiosità legate al salame, dai soldati del Ducato di Parma, detti “salamari” perché più impegnati a mangiar salami che a combattere, al ministro Du Tillot, marchese d’un pays de saucissons – di un paese di salami, alla figura del norcino che con tabarro e bicicletta tagliava la nebbia invernale per spostarsi nelle fattorie per la “maialatura”.
La sala successiva è dedicata alla gastronomia e alla evoluzione delle modalità di consumo del salame – presente in prestigiosi banchetti di famiglie nobili padane perché considerato storicamente il più prezioso dei salumi grazie alla presenza del pepe in grani nel suo impasto – e alla evoluzione della tecnologia di produzione dalle origini fino ad oggi. Le immagini ci raccontano di un paese dedito, fra Otto e Novecento, alla trasformazione e alla produzione del salame. Ma vi è anche spazio per raccontare il commercio e la comunicazione del salame nel tempo e un singolare esempio di integrazione tra produzione e consumo in una azienda agricola del XVII secolo. Alcuni QR-Code permettono di ascoltare direttamente storie e racconti.
Concludono il percorso alcune toccanti testimonianze in video che raccontano storie ed esperienze dei norcini e le moderne tecnologie di produzione, ancora fedeli alla ricetta originale.
Il museo rappresenta un’occasione per far conoscere e apprezzare non solamente l’essenza del Salame Felino, ma il territorio e la comunità di cui è espressione, a partire dalla qualità delle materie prime, verificata dal Consorzio di Tutela del Salame Felino IGP, fino alla sapienza delle mani che continuano ancor oggi a produrlo.